Pedagogia

Sulla sacralità nell’insegnamento

Spunta qua e là tra i sassi della strada

qualche ciuffetto d’erba e qualche stelo,

vi brilla su una goccia di rugiada e in quella goccia si riflette il cielo.

Se guardi bene le piccole cose trovi le grandi, le meravigliose

Lina Schwarz

IL RUOLO DELLA RELIGIONE rispetto alla pedagogia steineriana, o più propriamente alle scuole che la applicano, può essere, almeno inizialmente, piuttosto difficile da inquadrare. Nella maggior parte delle scuole steineriane, infatti, non è previsto un insegnamento specifico della religione e molte si presentano al pubblico come scuole aconfessionali. Ciononostante, un genitore interessato che vi giunga in visita durante una «scuola aperta», un bazar di Natale, o in una qualsiasi altra occasione, scoprirà alcune cose che gli potranno sembrare contraddittorie. Vedrà troneggiare in molte aule l’immagine della Madonna Sistina; se si sta celebrando l’Avvento troverà un presepe in ogni classe, realizzato dai bambini stessi, con la cera, la lana o la creta; magari ascolterà un maestro della terza classe parlare del racconto dell’Antico Testamento e di quanto corrisponda allo sviluppo dei bambini di nove anni; forse rimarrà stupito venendo a sapere che tutte le mattinate scolastiche iniziano con uno spruch, un detto, che viene pronunciato solennemente in piedi, davanti al lume di una candela accesa.

Per tentare di sciogliere queste apparenti contraddizioni è necessario considerare prima di tutto un fatto: ogni insegnante steineriano che svolga il proprio compito con sincerità d’animo non può ignorare lo studio dell’antroposofia e, visto che ogni antroposofo anela a una profonda comprensione del cristianesimo, va da sé che ogni insegnante steineriano tenti di coltivare, ne lsuo cuore, nella sua mente e nella sua volontà, sentimenti, pensieri e impulsi coerenti con i suoi ideali antroposofici. Naturalmente, per l’insegnante, non esistono precetti morali, regole di condotta prestabilite, coercizioni di alcun tipo; tutto è lasciato alla libertà del-l’individuo di badare autonomamente alla propria autoeducazione. Questa prima considerazione può offrirci un buon punto di partenza per cominciare a farci un’idea più chiara su quale sia il ruolo della religione nella pedagogia steineriana.

La Madonna Sistina, come tutte le raffigurazioni mariane di Raffaello, rappresenta in senso archetipico la luminosa dignità dell’anima umana che, incarnata in un corpo fisico, fa da mediatrice con l’elemento spirituale eterno dell’io. Esso vuole evolversi,svilupparsi, progredire e, per farlo, deve vivere sulla Terra, in un corpo fisico. Questa raffigurazione, fra l’altro usata in diverse case di cura perle sue proprietà terapeutiche, è un’immagine di straordinaria bellezza, apportatrice di equilibrio e vigore per l’anima. Non si trova appesa in classe in sostituzione del crocefisso o per ragioni legate a un culto, ma per il fatto che mette in luce una speciale relazione dell’io con l’entità animica dell’uomo.

Intorno agli undici-dodici anni, quando la vita sociale della classe diventa più articolata a causa del maggiore grado di sviluppo raggiunto dai bambini, la Madonna Sistina può essere sostituita con un’immagine che rispecchi questo cambiamento,per esempio con La scuola di Atene o, più avanti,con l’Ultima cena. Già da questo piccolo esempio si può intravedere l’intonazione caratteristica che si tenta di dare alla sacralità nella giornata scolastica; non intesa, quindi, in senso confessionale, come celebrazione di un culto, ma come atteggiamento fondamentale da coltivare nell’anima. Anche i racconti dell’Antico Testamento, narrati ai bambini della terza classe, non sono proposti come lezioni di religione, ma per lel oro affinità con la particolare condizione animica che caratterizza il passaggio evolutivo* detto crisi del nono anno. Immagini come la Creazione, il peccato originale, la cacciata dall’Eden, la storia di Mosé (come si è tentato di descrivere brevemente nell’articolo Le radici celesti dell’uomo** ) illuminano, con un linguaggio accessibile alla coscienza del bambino di questa età, fatti spirituali di ampia portata che, nella loro essenza archetipica, riguardano ogni essere umano. La figura di Mosé, per esempio, rappresenta una guida dell’umanità vissuta in un tempo in cui gli uomini non erano ancora in grado di condurre la propria vita fondandosi sull’impulso individuale della coscienza. Per distinguere ciò che è bene da ciò che è male, quegli uomini non potevano ancora attingere alla loro interiorità. Avevano bisogno della legge e che fosse data loro dall’esterno; proprio come il bambino di nove anni – che si é lasciato alle spalle l’infanzia, ma non è ancora in grado di fondarsi sulle proprie esperienze per giudicare il mondo – necessita di un’autorità che lo guidi.Il principio dell’autorità, su cui si fonda ogni azione pedagogica nel secondo settennio, poggia sull’amore, non sulla paura. Se il bambino riconosce i propri educatori come guide perché li ama, allora li segue liberamente, non perché li teme. Che ogni bambino possa diventare, un giorno, un uomo interiormente libero, lo si deve anche al fatto che abbia avuto guide autorevoli nel secondo settennio.

Quindi anche i brani dell’Antico Testamento,come si è visto, non vengono trattati in senso confessionale ma, per così dire, antropologico.Narrando le vicende legate all’origine delle civiltà post-diluviane, essi rappresentano inoltre un fondamento storico imprescindibile; non a caso la Bibbia è il libro più stampato al mondo.I bambini, in una scuola steineriana, non vengono catechizzati e, d’altro canto, i genitori che hanno scelto questa pedagogia per i loro figli sono liberi di provvedere come credono alla loro educazione religiosa. Ciò che si tenta di fare a scuola non è impartire un insegnamento dottrinale, quanto vivere socialmente l’esperienza della sacralità. Sacralità del gesto, della parola, dell’imparare e dello stare insieme. I momenti di gioco, di studio, di lavoro, di allegria, ma anche le difficoltà e le sofferenze che si possono incontrare nella vita di tutti i giorni (un dispiacere, un litigio, un lutto in famiglia), tutti costituiscono un’occasione per richiamare il bambino alla sua umanità. La vita offre infinite occasioni per raccogliersi in un momento di compostezza, di interiore ricettività, di apertura verso l’alto.

Il periodo dell’Avvento, nelle scuole steineriane, rappresenta un’esperienza sociale che resta impressa nell’anima per tutta la vita. In alcune classi il presepe viene realizzato in modo che nella prima settimana appaiano i minerali,nella seconda i vegetali, nella terza gli animali e nella quarta gli uomini, come a voler ripercorrere tutta la Creazione. Ogni mattina i bambini arrivano a scuola e corrono davanti al presepe, per scoprire che cosa è apparso di nuovo.In altre classi, quando i bambini sono un po’ più grandi, il presepe si popola di casette di creta, fatte da loro, ognuna diversa per forma e dimensione e ognuna contenente un lumicino. Così viene a formarsi un vero e proprio villaggio e presto vi si aggiungono anche tanti uomini operosi: il falegname, il maniscalco, il panettiere, la pastorella, la lavandaia, la guardiana d’oche e molti altri. Ogni mattina i bambini,a mano a mano che arrivano a scuola, entrano in aula e accendono il lumicino della loro casetta. Vi è davvero qualcosa di commovente nel vedere quel villaggio che si risveglia, le finestrelle che si illuminano e la classe che, nel frattempo, si anima di voci allegre.

Il maestro, nelle settimane precedenti, ha preparato un calendario dell’Avvento, spesso lavorando sere e domeniche, ma la sua fatica viene abbondantemente ripagata, ogni giorno, dalla gioia dei bambini. Ci si può mettere tutti in cerchio, subito dopo lo spruch del mattino, prima che abbia inizio la lezione; la luce è spenta, le finestrelle del villaggio brillano e, mentre si intona un canto natalizio, si lascia che una candela accesa passi da uno all’altro, fino a quando il canto termina e un bambino si ritrova nel silenzio, con il lumicino in mano: quel giorno sarà lui ad aprire la casella del calendario.

L’Avvento è un momento di attesa. Si attende l’arrivo del Natale ed è proprio nell’attesa che si fa l’esperienza della sua profonda sacralità. Si attende insieme qualcosa di cui non è nemmeno necessario parlare, se non in pochi momenti solenni, perché si sente che è qualcosa di buono, di bello e di vero… e questo basta.Il periodo dell’Avvento si conclude con la festa dell’albero, durante la quale tutti i bambini e tutti gli insegnanti della scuola si riuniscono in una stanza nella quale, magicamente, per l’occasione è apparso un grande albero, adornato con rose rosse e lumicini. In quell’occasione si canta insieme, si ascolta qualche momento di silenzio e, soprattutto, ci si ritrova uniti, si percepisce l’intera comunità scolastica avvolta in un coro armonioso.

Queste immagini (se ne potrebbero presentare molte altre) possono forse dare un’idea del modo in cui si vuole coltivare la sacralità nella scuola steineriana. Si tratta di una sacralità fatta di amore e di attenzione per le piccole cose. Già solo nel far bene le cose più semplici, compresi i più banali doveri quotidiani, si coltiva sacralità.Oggi ci sono scuole steineriane praticamente in ogni area del globo; la maggior parte sono in Europa, ma ne esistono in tutti i continenti: dall’Islanda al Sud Africa, dal Giappone a Israele, dal Kenya al Canada, dall’Egitto al Perù, dagli Stati Uniti alla Russia, dall’India al Brasile, dal Messico all’Australia***. Ogni mattina, in ogni parte del mondo, vi sono maestri e maestre che si pongono in piedi davanti alla loro classe, accendono una candela, attendono che si crei silenzio e che tutti i bambini (o i ragazzi) abbiano assunto una posizione composta, verticale, con i piedi ben uniti. Poi cominciano, insieme, a recitare lo spruch del mattino.

Una volta un maestro mi ha fatto notare la grande bellezza insita nel fatto che se si tiene conto dei diversi fusi orari – praticamente ogni ora vi sia almeno una classe di una scuola steineriana che, con la propria lingua, il proprio spirito di popolo e la propria unicità,recita lo spruch del mattino, che Rudolf Steiner lasciò in modo che ogni giorno cominciasse con solennità e con gratitudine, per il solo fatto di essere insieme e per tutte le cose belle che ogni giorno può portare.

In prima classe, quando i bambini fanno ancora un po’ fatica a mettersi composti, ben dritti e in silenzio, il maestro, qualche volta, li invita a protendere il braccio destro verso l’alto, a distendersi il più possibile,mettendosi addirittura in punta di piedi per toccare la loro stellina.Ogni bambino, infatti, ha in cielo una stellina tutta sua e, quando bisogna stare dritti, fermi e composti, può essere utile allungare il braccio fino a toccarla, per portare un po’ della sua luce fino al cuore.Fare ciò che il giorno richiede: così recita una massima di Goethe.Nel far bene e con amore ciò che il giorno richiede, si coltiva un profondo senso di sacralità. Proprio a partire da questo si può intuire che anche la saggezza, nelle sue forme più elevate, non può mai essere disgiunta da un sano sentimento per le cose sacre della vita****.

NOTE

*Descrizioni approfondite ed esaurienti riguardo a questo specifico argomento possono essere trovate sui principali cicli di conferenze di pedagogia tenute da Rudolf Steiner, oltre che intesti riassuntivi come F. Carlgren e A. Klingborg, Educare alla libertà, G.Chiantelli (a cura di), L’Educazione dei figli, Mondadori. ** «Germogli», 1 *** Informazioni tratte dal sito rudolfsteiner.it ****Per un approfondimento di questi argomenti cfr: H. Hahn, Pedagogia e religione, Editrice Antroposofica, Milano; o A. Marieke Educazione religiosa, Aedel Edizioni.

si ringrazia Sergio Giannetta