Autore: Gabriella De Angelis
Euritmia

Lezione in prima classe

I bambini della prima classe si preparano per la lezione di Euritmia: una tunica comoda, senza lacci e cinture per non sentire l’impaccio e dal colore uguale per tutti, per sottolineare ciò che li unisce e non ciò che li distingue; un paio di scarpette flessibili e sottili, che sostengano i piedini e permettano ogni movimento.

La maestra li mette in fila: essi si tengono per mano, ognuno segue e guida qualche compagno (laggiù in fondo, una codina senza nessuno dietro di sé avrà un bel daffare a guidare se stessa!). L’allegra compagnia si rimira con orgoglio nella dignità della tunica e per l’entusiasmo è impaziente di cominciare il lavoro. Ma… mentre si va, la maestra a un tratto tira fuori il suo largo mantello dal lungo strascico e chiede a ogni bimbo della fila di reggerne un pezzetto! Ecco formarsi un corteo di paggi, che con gesto ampio delle braccia porgono in alto le mani: pare che ognuno sorregga in libertà il mantello con la forza del suo cuore.

Ora siamo entrati nell’aula di Euritmia… oppure? Risuona una musica, un canto che parla di castello, giardino, casette, lago, monte: visiteremo tutti questi luoghi? Cosa faremo, chi incontreremo? Ora i bambini sono fermi in cerchio, sempre col loro gesto del-le braccia, che dà la misura della distanza tra di loro, ma esprime anche l’attesa e la meraviglia che ricolma il loro petto. Entreremo nel castello e poi ce ne andremo a spasso ai quattro angoli del mondo.

Il sole dorato riempie tutto il castello: i suoi raggi arrivano fino a noi e i nostri piedini, immersi nella loro luce, si fanno vivaci e attenti e sanno camminare con precisione vicini e lontani davanti al portale, avanti e indietro in equilibrio sul filo d’oro. Poi chiediamo di entrare: come si impegnano i bambini, vestendo i panni del cavaliere: col capo ben dritto, montano saldi a cavallo, reggendo nelle braccia un gran tesoro (ogni parte del corpo ha il suo compito, ogni facoltà dell’anima viene richiamata, nel loro accordo appare la figura del cavaliere).

Quando siamo dentro, un lume passa di mano in mano, serve a rischiarare le stalle del castello: ogni bimbo, a turno, porta ora la sua luce all’altro capo del cerchio, percorrendo una strada dritta, e resta dove è arrivato, cedendo il lume al bimbo di cui prende il po-sto: ci vuole coraggio a rimanere in un luogo nuovo, decisione ad attraversare senza esitazione tutto il cerchio, attenzione a non portare il lume a un bimbo che l’ha già ricevuto, e quando tutto questo riesce… la maestra dice, a sorpresa: “Tutti al proprio posto!”. E dalla confusione che ne nasce ci vuole una gran presenza di spirito per ritrovare il luogo da cui siamo partiti!

“Dalle stelle siamo nati”, dice il prossimo gioco e il gesto di tutto il corpo somiglia a un grande respiro, a un rannicchiarsi nel sonno e a uno stiracchiarsi quando ci si sveglia, più e più volte. Ora ecco-ci pronti a cavalcare tutti i cavallini della stalla: alcuni sono molto lenti, altri velocissimi, qualcuno saltella, qualcuno addirittura zoppica… che lavoro per i piedini!

Ma anche le manine hanno un bel daffare. Ora, nel giardino, ecco un gruppo di scoiattoli che corrono su e giù per l’albero di noci a raccogliere provviste per l’inverno: i pugni si aprono e si chiudono poggiando su se stessi mentre l’animaletto si muove, op-pure reggono un’asta ben ferma, sospesa a mezz’aria, mentre le mani salgono e scendono.

Tutta la figura del bambino si fa eretta per compiere questo movimento. Quando invece incontriamo la lumachina, ecco spunta-re da sotto l’asta poggiata in orizzontale le due antennine, che si allungano sempre più fino a rimanere tutte allo scoperto: sono le manine, e poi le braccia che paiono uscire dal guscio mentre l’asta scivola sempre di più verso le spalle. Ora le antennine sono protese verso l’alto, ma basta che scendano e le vediamo ritirarsi nuovamente nel guscio, lentamente, fino all’ultimo pezzettino. E’ ancora più difficile, questo gioco! Muovere le braccia piano piano, cautamente, con un gesto curvo (sennò l’asta non rotola bene!), salire e scendere solo con le braccia e rima-nere dritti col resto del corpo: che fatica, lumachina!

Torniamo al castello e vi troviamo tre giganti che escono di casa per andare a farsi visita: ahimè, ognuno di loro parte nello stesso istante e, non essendo riuscito a incontrare gli altri, torna a casa sua; ma hanno fatto un così gran baccano, facendo rimbombare il cortile coi loro passi, che i nanetti che abitano al piano di sotto si sono spaventati e sono corsi tutt’attorno, prima di tornare nel loro posticino. E così compare nell’aula un triangolo circoscritto in un cerchio. I tre bambini sono presi dall’immedesimazione nei personaggi, ma in loro si risvegliano e vengono usate le qualità del dritto e del curvo, dello spazio interno ed esterno, del senso orario e antiorario, delle polarità lento/pesante e veloce/leggero, il tutto accompagnato da un impegno sempre maggiore a rendere visibile con precisione ogni elemento.

Questa è, infatti, la grande differenza tra il primo e il secondo settennio: le forze impiegate sono ancora quelle dell’imitazione, ma le abilità si sviluppano, anche all’interno di una singola lezio-ne, sulla base di un’attiva partecipazione dell’anima, che elabora, ricorda, apprende gradualmente e si sforza di esprimere quello che si muove “dentro”. Andremo anche sul monte, su e giù, visiteremo case in mezzo al bosco (spirali avvolgenti e svolgenti); seguiremo pesciolini che nuotano entrando e uscendo dalle alghe (forme ondulate): ogni ambiente ci darà l’occasione di seguire i movimenti degli esseri che popolano il mondo, del mondo stesso, scopriremo che i bambini sanno diventare acqua, alghe, pesci, cavalli, nani e giganti, re, principi e paggi, vento, scoiattoli e tutto quello che di solito vive nelle fiabe, nei sogni, nei sentimenti.

Quello che si vede e anche quello che non si vede, se non nella fantasia. Quello che già esiste e quello che possiamo creare da noi. Cose serie, che sono vive e reali in qualche parte della Terra e dell’universo, e sicuramente nel cuore.Meraviglia, entusiasmo, serietà, lavoro e soddisfazione regnano in questa classe. La stanchezza non prende i bimbi, perché il veloce susseguirsi delle esperienze li ravviva; solo alla fine, tornati in classe, questo movimento si acquieterà, diventerà più interno, sarà conservato come un tesoro: sarà utile festeggiare questo arricchimento con il pranzo e con un tranquillo pomeriggio in ambiente domestico.Un’ultima danza: la luna risplende in cielo, i nanetti si infilano i loro stivaletti d’argento coi tacchi tintinnanti e saltellano felici at-torno al lago. Ma il sole è tramontato già, la giornata sta finendo.

Articolo tratto dalla Rivista Germogli, anno 1 n°1 dicembre 2010 , si ringrazia Sergio Giannetta