Pedagogia

Le radici celesti dell’uomo

Oltre a definire i principi di una didattica volta all’insegnamento delle materie e delle discipline tradizionali, Steiner sottolineò sempre la grande importanza della narrazione. Si può dire, infatti, che il cuore pulsante di ogni anno scolastico, ciò che gli conferisce la sua unicità e la sua intonazione caratteristica, sia in primo luogo il contenuto narrativo. Di conseguenza la scelta dei racconti non è arbitraria, al contrario, questi vengono selezionati tenendo conto delle esigenze interiori del bambino, a seconda del livello di sviluppo da lui raggiunto.

Mentre in prima, quando il paesaggio animico dell’infanzia getta ancora i suoi ultimi raggi nel secondo settennio, è particolarmente indicato il racconto delle fiabe; in seconda, quando cominciano a definirsi i temperamenti, vengono presentate favole di animali e biografie di santi. Vi sarebbe moltissimo da dire sulle motivazioni antropologiche alla base di queste scelte, tutta-via, nelle pagine che seguono, ci si è soffermati specialmente sulla narrativa che accompagna e segue la crisi del nono anno, momento in cui, con il sorgere del primo barlume di coscienza, il bambino comincia ad avere un rapporto maggiormente individualizzato con il mondo che lo circonda.

Come, nelle diverse tradizioni fiabesche, si riconosce che le fiabe di un popolo consistano in realtà in un vero e proprio compendio di rivelazioni spirituali rivestite di immagini, così, in quarta classe, quando si entra nel mondo mitologico, si può scoprire, dietro un velo di rappresentazioni talvolta enigmatiche o bizzarre, una descrizione di fatti reali, riguardanti il mondo divino-spirituale.

Non occorre alcuna prova per dimostrare che le diverse mitologie abbiano, in senso lato, la stessa origine; tuttavia è ugualmente entusiasmante scoprirvi numerose similitudini, che tessono un or-dito talvolta sorprendente, poiché collega tra loro popoli e culture distanti, non solo nello spazio.

Premessa per un approccio fruttuoso coi racconti mitologici è la considerazione che il corredo di immagini vari di popolo in popolo, a seconda dell’epoca, degli usi e dei costumi, della cultura e del folklore, dei caratteri geografici e del clima, fino alla flora e alla fauna tipiche; tuttavia, dietro le diverse raffigurazioni si possono riconoscere i medesimi eventi cosmici, che non conoscono distinzioni geografiche, quindi semplicemente illuminati da angolazioni diverse; con diverse rappresentazioni, stile e sfumature di sentimento caratteristiche del loro spirito di popolo.

Qualcosa del carattere di ogni civiltà traspare dal-la tradizione mitologica dei suoi antenati; per questa ragione uno studio comparato delle diverse mitolo-gie può essere due volte entusiasmante e due volte fecondo: in primo luogo ci fa conoscere meglio la storia dei popoli nel senso convenzionale; inoltre, ci consente di cominciare a intuire fatti spirituali di ampia portata che, altrimenti, attingendo a un’unica fonte, dovrebbero essere osservati da un punto di vista unilaterale.

Come previsto dal piano di studi, dopo aver raccontato i fatti narrati nell’Antico Testamento in terza e la mitologia nordico-germanica in quarta, in quinta classe, penetrando nelle immagini della mitologia indiana, non si può non sentire la profonda diversità che caratterizza questi popoli; ma nemmeno, al tempo stesso, si può ignorare la radice unitaria che li lega. I bambini per primi scoprono mille similitudini entusiasmanti e, al tempo stesso, riconoscono la grandissima differenza tra il carattere delle popolazioni celtico-germaniche (guerresco e collerico, ingenuo e fanciullesco, sempre traboccante di spirito) ed il carattere quasi polare della popolazione indiana antica (contemplativo e flemmatico, quasi incorporeo, compenetrato di profondissima saggezza e spiritualità)

Da un lato una cultura proveniente dai ghiacci del Nord, dall’altro una cultura sviluppatasi in quel singolare paesaggio che si stende dalle vette più ardite del mondo, l’Himalaya, trono degli Dei, passando per giungle selvagge, amene vallate e giù, fino a palmeti e spiagge tropicali. Quale sorpresa poi, quando si scopre che quei due po-poli tanto diversi hanno un’origine comune*: il popolo degli Arii che migrarono dall’antico continente scomparso!

E quale presagio quando si sente risuonare come un’eco del diluvio universale, del quale si era già ascoltata la narrazione in terza e che si ritrova, quasi identicamente descritto, nella meravigliosa saga di Gilgamesh ed Enkidu. Sono i bambini stessi, senza invito, a saltar su in-tuendo grandi cose:

“Maestro! Ma Brahma, Visnù e Shiva sono come Odin, Vili e Vè!”. “Certo! Odin, per le popolazioni germaniche, fu il principio di-vino di tutte le cose, come lo fu Brahma per gli indiani; si parla sempre dello stesso e unico Dio!”. “Lo stesso di cui parla anche l’Antico Testamento?”.“Proprio così, solo che gli indiani lo chiamavano in modo diverso dagli antichi germani”. “Maestro! A me invece Brahma, Visnù e Shiva mi han fatto venire in mente l’aquila di Yggdrasill, lo scoiattolo Ratatoskr e Niddogr il drago!”.“Bravo! È giusto anche questo! Si parla sempre della stessa cosa, solo osservata da diversi punti di vista!”.

Discorsi degni di veri filologi emergono in modo naturale tra i bambini di una scuola Waldorf!

Noi, anche se non lo si dice espressamente in classe, sappiamo in realtà che i principi supremi di Brahma, Visnù e Shiva illuminano la conoscenza dell’uomo tripartito composto di Spirito, Anima e Corpo, il ché li pone, senza alcuna forzatura, in relazione agli abitanti del frassino Yggdrasill**, immagine dell’uomo macrocosmico.

Nello studio delle mitologie si possono trovare parallelismi davvero a ogni pagina. Per esempio, come non provare intimo stupore di fronte alla descrizione di Indra, Dio indiano della guerra. Egli viaggia nel cielo su un carro trainato da due stalloni d’oro; come Thor, Dio della guerra germanico, che vola su un carro trainato da due possenti capri. Indra tiene nella mano destra una pietra che, oltre a colpire fragorosamente i nemici, scatena tuoni e saette. Si narra addirittura che questa pietra gli ritorni in mano dopo ogni lancio.

Come non paragonare la portentosa pietra di Indra al martello di Thor! Inoltre, entrambi hanno i medesimi, acerrimi nemici: i giganti! Gli stessi giganti che rappresentano il mondo, con le sue forze immani, cui il bambino, lasciata alle spalle l’infanzia, deve imparare a far fronte con coraggio.Ma nel martello di Thor e nella pietra di Indra abbiamo anche l’immagine del sistema cardiaco respiratorio: afferrare e lanciare, inspirazione ed espirazione, sistole e diastole. La condizione di equilibrio tra respiro e battito cardiaco che avviene intorno al nono anno è la causa corporea del sorgere, a quell’età, del primo barlume di coscienza. Ma questi sono solo alcuni esempi della consonanza tra lo svi-luppo psico-fisico del bambino e il piano di studi delle scuole steineriane.

Con la crisi del nono anno, da un punto di vista antropologico, il bambino si trova esattamente al momento della cacciata dall’Eden. Sta perdendo l’antico legame con il mondo spirituale e ne sta conquistando uno nuovo con la terra; ma si trova a metà strada. Il racconto di Dio che creò l’ordinamento cosmico dal caos primordiale mette ordine anche nell’interiorità del bambino, che si trova in quel momento in una condizione caotica. E ritroviamo questo elemento anche nelle principali mitologie, che prendono le mosse da racconti cosmogonici nei quali, a partire da una condizione di caos iniziale, prende forma un mondo ordinato ed armonioso.

Nello studio delle mitologie si trovano ovunque immagini che vogliono raccontarci un’unica, grandiosa storia: la storia dell’uomo. E quale storia può desiderare maggiormente un bambino? Si potrebbero fare infiniti paragoni e più se ne cercano più se ne trovano.La cacciata dall’Eden della quale ci parla l’Antico Testamento, che tanto si lega al passaggio di coscienza detto crisi del nono anno, non ci ricorda il mito di Prometeo, che per amore dell’evoluzione umana rubò il fuoco divino dell’Olimpo e lo donò agli uomini?

E Zeus, per “punire” l’umanità di questa colpa della quale non è colpevole, che le consentirà di elevarsi, di progredire, ma al tempo stesso di cadere emancipandosi dalla culla primordiale, cosa fa? Scatena sul mondo le sciagure del vaso di Pandora: tutte le bra-me, gli istinti, le pulsioni furiose che trascinano l’uomo in basso. Tutto ciò non può non rammentarci l’influsso luciferico, incarnato dalla raffigurazione del serpente che seduce Eva e Adamo.Da un lato si ha l’immagine della mela dell’albero della conoscenza, dall’altro del fuoco della conoscenza. Si tratta di immagini diverse utilizzate per indicare gli stessi fatti. Che meraviglia l’immagine di Zeus che una notte volge lo sguardo verso l’umanità e vede brillare mille e più fiammelle, come sol-tanto nel firmamento si erano vedute prima! L’uomo inizia il suo cammino di conoscenza e nel bambino si risvegliano le forze intellettuali, che troviamo mirabilmente descritte, per esempio, nelle circonvoluzioni del labirinto di Cnosso, del quale Teseo, giovane principe della città in cui si sviluppò la filosofia, trova l’uscita grazie al filo di Arianna: l’intelligenza dell’anima, il filo spirituale del pensare, grazie al quale possiamo dominare l’animalità dei nostri istinti, incarnati dalla figura del minotauro, mezzo uomo mezzo toro.È tutto così didascalico che non è veramente possibile evitare paragoni.

Per questa ragione, anche se non occorre evidenziare nulla di tutto ciò in classe, non serve alcuna dimostrazione per sostenere che la radice di tutte le mitologie sia semplicemente la stessa. Esse vennero create nelle sedi dei misteri, presenti in tutte le epoche e in tutte le civiltà; luoghi in cui elevati iniziati, vivendo l’esperienza chiaroveggente dei mondi superiori che governano l’evoluzione terrestre, ne rivestirono le vicende in immagini, per dare ai popoli i giusti insegnamenti, volti a sostenere il progresso dell’umanità.

Può darsi che tutto ciò risulti alquanto semplicistico a uno studio approfondito delle rivelazioni spirituali cui si riferiscono le diverse mitologie e religioni dei popoli. Steiner sottolineò in più di un’occasione che nessuna entità divino-spirituale si ripresenta tale e quale in epoche diverse, poiché anche nel mondo spirituale vige il principio dell’evoluzione e non quello della ripetizione. Tuttavia, nonostante da una prospettiva filologica ciò possa costituire un problema, per il bambino, il sentimento dell’unità del mondo spirituale, così com’era sperimentato dagli Arii dell’Antica India, fino a una certa età è un’esperienza animica spontanea e indiscutibile, che giustifica la ricerca, forse un po’ ingenua, di paragoni tra le diverse tradizioni mitologiche.

Accettando l’ipotesi che ogni uomo, nel corso del suo sviluppo, ripercorra in modo metamorfosato le tappe che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’umanità nel suo insieme, si aprono vie per tentare di cogliere alcune leggi che stanno alla base dello sviluppo dell’uomo in divenire. Dopotutto, anche se non ce lo ricordiamo, serbiamo tutti nel profondo la memoria atavica di un lontano passato. Ognuno di noi, in altre parole, ha vissuto in Atlantide! Ognuno di noi ha vissuto in prima persona le vicende narrate nelle antiche mitologie! Gli eventi biografici dell’umanità corrispondono in modo diretto agli eventi biografici individuali. Questo rende tanto importante il racconto delle mitologie: attraverso la conoscenza del passato può maturare nell’essere del bambino un senso per la sua dignità di essere umano e per i compiti del presente.

Ogni insegnante steineriano sa benissimo che, se pure da un punto di vista fisico si trovi di fronte a degli esseri più giovani di lui, da un punto di vista animico ha davanti a sé dei suoi contemporanei e, da una prospettiva spirituale, forse esseri ben più saggi e antichi di lui. Nelle mitologie sono celate le memorie delle nostre radici celesti: al momento giusto facciamone dono ai bambini!

Articolo tratto dalla Rivista Germogli, anno 1 n°1 dicembre 2010 , si ringrazia Sergio Giannetta

*Steiner parlò di due distinte correnti spirituali provenienti da Atlantide; due grandi migrazioni di popoli che, prendendo direzioni opposte, la prima a Settentrione, la seconda a Meridione, mossero verso Oriente, spinte dalla poderosa metamorfosi del globo terrestre che portò alla scomparsa dell’antico continente. Vedi: «Oriente alla luce dell’Occidente» – O.O. 113 – Nov

**Secondo alcune tradizioni si trattava di una quercia.