Pedagogia

L’alfabeto: dalla convenzione alla vita

L’insegnamento della scrittura passa attraverso il racconto,il disegno, per poi solo in ultimo giungere al segno convenzionale della lettera. Tale processo è concepito al fine di avvicinarsi all’essenza artistica della scrittura che vede nascere le consonanti dal rapporto con l’immagine che descrivono (ad esempio F dalla forma della falce) e le vocali dai sentimenti dei quali sono espressione(A dal suono e dal gesto interiore emessi per la venerazione). Un insegnamento fondato sull’impulso artistico e su immagini viventi è, per la pedagogia steineriana, la via che conduce a una crescita armoniosa dell’individuo poiché si rivolge non solo al pensiero dell’essere umano in divenire ma anche alle forze del sentimento e della volontà. Uno sviluppo armonico è però possibile se tutto è misurato alle peculiarità d’ogni bambino e di una determinata classe, per questo è compito del maestro mirare a creare con i propri allievi un rapporto vivente pervaso d’amore e di comprensione. Certo, in accordo con il compianto Maestro von Wartburg, che tanto ha dato al movimento pedagogico italiano, all’educatore è richiesto uno sforzo continuo. Ma per ogni piccolo progresso: che gioia!

L’epoca in cui si inizia a incontrare l’italiano in prima classe mi vede impegnato nell’iniziare a portare piano piano – attraverso un lungo racconto a puntate che si snoderà per gran parte dell’anno scolastico – tutte le lettere dell’alfabeto. L’intento è che dopo il racconto ne esca un’immagine per il disegno eil terzo giorno i bambini possano estrapolare dal disegno la letterina.Il nostro racconto, che accompagna la scoperta del mondo delle lettere e che qui sintetizzo al massimo, vede i protagonisti, Giuliano, Annina e gli amici musicanti, incontrarsi in spiaggia una sera di fine estate.

Partono per trascorrere tre giorni e tre notti sull’isola prospiciente il villaggio dove essi si trovano. In questo tempo nasce la loro amicizia. E hanno un incontro speciale: uno spiritello che donerà a ognuno di loro una pietra calda e di colore diverso. Al ritorno incontrano il mare in tempesta e uno di loro cade dalla barchetta per poi essere salvato. Placata la bufera, continuano a navigare verso il villaggio: le loro pietre perdono calore e colore quanto più sono prossimi alla spiaggia. Il loro villaggio è avvolto dalla nebbia. La comunità tutta è vittima d’un greve incantesimo.Uomini e donne vagano senza meta per le strade del borgo emettendo suoni biascicati: il sorriso e l’ascolto sono banditi e gli sguardi sono fissi e inespressivi. I nostri tentano invano il contatto con amici, parenti e passanti.Presi dallo sconforto cercano un segno che lasci loro comprendere l’accaduto.Giunti in cima al vulcano che sovrasta l’abitato appare la fata che dirà loro come fare per ridonare vita all’umanità del villaggio. Dovranno partire per un lungo viaggio alla ricerca dei sorrisi perduti, non più sorrisi da alcuno e dei canti non più cantati.

In classe è «il giorno della O», del disegno della «O». Il dì precedente c’è stato il racconto. È il giorno in cui i nostri personaggi si apprestano a partire. Si ritrovano sulla spiaggia. Il cielo è cupo. Aurelio e Viola, due dei musicanti, si abbracciano e, nello spazio interno alle loro braccia unite, si accende una luce d’oro, solare, che illumina il cuore di gioia, infondendo loro coraggio.Facciamo il disegno, io alla lavagna e i bambini sul quaderno. Solo l’indomani da quel disegno verrà estratta e costruita la lettera che ai bambini è ancora ignota.La nostra giornata prosegue tranquilla. Arriviamo all’ora del pranzo e i bambini, mentre ci accingiamo a preparare i banchetti,chiedono quasi all’unisono: «Maestro possiamo mangiare con i banchi attaccati?»«Certo!» rispondo. E disponiamo i banchi uno accanto all’altro a formare un grande cerchio.Dopo qualche istante dall’inizio del pranzo, i bambini si guardano e uno di essi propone: «Perché non mangiamo abbracciati?!»La risposta è un coro di: «Sì, sì, sì!»«Bello!»E così si cingono amorevolmente l’un l’altro,adagiando un braccio sulle spalle del proprio vicino e lasciando libera l’altra mano per imboccare il cibo. In classe si è creato un bel cerchio amorevole.Potenza delle immagini! Posso parlare di gioia? Eh, sì!Da quel giorno, a pranzo, i banchetti sono sempre uniti.

si ringrazia Sergio Giannetta