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La notte di San Silvestro

Era l’ultimo giorno dell’anno. La neve giaceva profonda sopra stradine e sentieri.

C’era un ragazzino, con ai piedi un paio di scarpe nuove, un mantello scozzese una sciarpa grigia e un berrettino a punta. Il suo nome era Giovannino. Sul dorso portava uno zaino nel quale aveva riposto un dolce natalizio ed una candela che la mamma gli aveva ben impacchettato. La mamma aveva appena terminato di fargli le solite raccomandazioni, che Giovannino si incamminava già verso la casa dei nonni per far loro visita. Non avrebbe dovuto scordare di salutarli e ringraziarli e far loro di cuore i più cari auguri per l’anno nuovo. Il giorno in inverno è corto. Nuvole di neve vagavano nell’aria e presto lasciarono cadere grossi fiocchi di neve silenziosi, come lanugine di grandi cuscini. Giovannino si era appena incamminato che gli venne in mente di prendere una scorciatoia per il bosco. La neve aumentava sempre di più, diventava sempre più spessa e presto, anche tra gli alberi, incominciò a diventare scuro. Prima che Giovannino potesse rendersene conto, sopraggiunse la notte. La strada era scomparsa senza lasciare traccia. Se solo avesse avuto dei fiammiferi, avrebbe potuto accendere la candela, forse per poter ritornare sulle sue tracce. Ma non trovò nulla di meglio che sedersi ai piedi di un albero aspettando che le stelle o la luna spuntassero per rischiarargli la via. Solo l’oscurità seppe quanto tempo rimase lì seduto. Era quasi del tutto coperto di neve quando scorse in lontananza una luce. Giovannino si tirò su e andò nella direzione di quel barlume; presto si trovò davanti ad un fuoco che ardeva così luminoso che non ne aveva mai visto uno simile. Attorno al fuoco sedevano dodici grandi uomini avvolti in larghi mantelli. Silenziosi e seri, simili a re, sedevano fissando le fiamme. Alcuni di loro portavano sul capo corone di ghiaccio, altri corone di rami di pino, altri ancora avevano ramoscelli verdi, fiori o spighe dorate attorno alla fronte. Colui che sembrava il più vecchio teneva in mano un bastone e attizzò un po’ il fuoco. Lentamente girò la sua testa:” Ci conosci?” “Credo di sapere chi siete…” rispose Giovannino, poiché credeva proprio di avere innanzi a sé i dodici mesi dell’anno. Il più vecchio, che aveva un bastone come scettro, era sicuramente dicembre. Indossava un mantello più scuro degli altri “Allora, diccelo un po’ “ lo rimbeccò il vecchio, quello che attizzava il fuoco.E Giovannino recitò una poesia che gli aveva insegnato il nonno:

Son dodici figli i mesi dell’anno.


Gennaio e Febbraio un bel gelo fanno,


poi Marzo ed Aprile con aria gentile
un vento accarezza freddo e sottile;


con Maggio e con Giugno i fiori verranno
e quanti colori a te porteranno!


I soli splendenti di Luglio ed Agosto


maturano i frutti e preparano il mosto.


Vendemmia a Settembre, a Ottobre il vino


e i frutti del bosco in ogni cestino.


Novembre a gran mano raccoglie le foglie,


Dicembre col freddo il Natale accoglie.


Pian piano è trascorso un intero anno


E i dodici mesi un bel coro fanno.

“Allora ci conosci- disse il vecchio canuto- anche noi conosciamo te! Tu sei arrivato al momento giusto, poiché stanotte, dov’è il vecchio anno, si potrà aver bisogno del tuo aiuto. Vedi com’è diventato piccolo il fuoco? Stai attento a cosa succederà quando io passerò lo scettro al Fratello Gennaio. Nasconditi velocemente sotto il suo mantello e da lì vedrai come il nuovo anno discende dalle stelle. A quel punto affrettati e portaci nuovo fuoco con la tua candela. Fra poco il vecchio anno andrà via”. Appena il vecchio ebbe pronunciato queste parole, esse cominciarono a risuonare nell’aria, come sonore e potenti campane. Il suono giunse vicino e lontano e sembrò attraversare ogni regno della terra. Dicembre si drizzò e disse:

“ Ora, fratelli, lo scettro va di mano in mano,


poiché risuona dell’anno nuovo la campana lontano.


Si benedica Dio, che nei cieli ha il trono,


e tutto ciò che nel profondo della terra vive.”

Mentre parlava, Giovannino si era nascosto sotto il mantello di Gennaio, che lo avvolgeva come una spessa, bianca nebbia. In alto le stelle brillavano e luccicavano per il cielo; in basso, nella terra, tutti i semini si muovevano e un piccolo popolo, fine, con le lanterne in mano, affiorò alla superficie: “Eccoci, arriviamo noi col Nuovo Anno!” esclamarono.

Ed era proprio così: come Giovannino si avvicinò per vedere meglio, ecco che da tutte le radici facevano capolino piccoli visi. Era proprio come se Elfi e Folletti festeggiassero un matrimonio! Giovannino era stato colto da tale meraviglia che quasi aveva scordato il suo incarico. Ma ad un tratto notò che la sua candela ardeva già…  Uno dei folletti l’aveva accesa per lui. Giovannino tenne il fuoco protetto nelle sue mani e poi scivolò nuovamente sotto il mantello. Era rimasta ancora una piccola incandescenza del Fuoco del Vecchio Anno. In quel momento Dicembre passò lo scettro al Fratello Gennaio e questi prese la luce che Giovannino aveva nella sua mano. La fiamma era così alta e luminosa, la luce così potente, che Giovannino dovette ripararsi gli occhi con le mani. Quando tornò in sé ed aprì gli occhi, i dodici mesi dell’anno e il fuoco non c’erano più. Il tempo però si era rischiarato e sopra gli alberi si affacciava la luna, tonda, piena. Giovannino si rimise in cammino. Col chiarore lunare era facile ritrovare nella neve il sentiero, e presto di fronte a sé vide la casa dei nonni. Nell’oscurità aveva già riconosciuto lo steccato.


“Buon Anno!”

salutò Giovannino non appena attraversò la soglia di casa e giunse nella camera riscaldata. I nonni furono molto felici di vedere il nipote, ma si meravigliarono anche tanto poiché proprio in quel momento il nonno sarebbe uscito per cercarlo. La nonna gli aveva riscaldato del latte e sul focolare c’era dello zucchero candito, ma Giovannino era così stanco che a stento riuscì a bere. La nonna credette meglio lasciarlo andare a dormire.
 “Credo che il dolce di Natale sia intero, ma di candela ce n’è solo un pezzettino, perché l’ho usata per accendere il nuovo fuoco dei dodici mesi…” e così mormorando si addormentò di un sonno profondo.

Leggenda norvegese raccontata da Dan Lindholm

pubblicato dalla Scuola Waldorf Sagrado

immagine Marie Viriot