Pedagogia

Il gioco del bambino e la cura della bambola

Nel neonato l’impulso del giocare si concretizza nell’esplorare il mondo con i sensi e nell’imparare poco per volta a controllare il suo corpo. Solo più avanti egli attribuirà al gioco il significato più comune. Non dobbiamo preoccuparci di spingere nostro figlio ad acquisire le varie abilità perché egli impara naturalmente a muoversi, parlare e relazionarsi.

Durante le ore di veglia il neonato si guarda intorno, esplora il mondo circostante, afferra, tira, mette tutto in bocca, ascolta, osserva. Se lo guardiamo distrattamente pensiamo che non faccia niente ma, senza nessun suggerimento da parte nostra, usa tutti i sensi per conoscere la realtà che lo circonda. Noi dobbiamo solo offrirgli delle possibilità di movimento e d’esplorazione. Mentre com-pie queste attività ludiche il piccolo impara senza sforzo. Lo psicologo svizzero Jean Piaget ha messo in relazione il gioco con lo sviluppo cognitivo dei bambini.

Il bisogno di giocare è innato e già da piccolo nostro figlio ama riprodurre (imita) quello che vede fare dagli adulti, per questo è necessario che le nostre azioni siano sempre sensate e abbiano fini utili(dare l’esempio). Il romanziere, filosofo e pedagogista tedesco Jean Ricther asseriva che anche chi ha girato l’intero mondo ha imparato più dalla sua balia che da tutti i numerosi viaggi. Il gioco è fonda-mentale nei primi sette anni di vita e rappresenta la base della salute mentale e fisica nonché della socialità del bambino.

Il benessere del neonato dipende dallo sguardo della madre che dovrebbe risplendere d’amore. Ogni suo gesto e parola dovrebbero essere sostenuti da questo sentimento materno. Solo così il bambino, una volta cresciuto, potrà giocare seguendo il suo esempio morale e quindi prepararsi alla vita. Le prime impressioni del neonato sono fondamentali per il suo futuro.

Nel giocare il bimbo deve provare gioia e piacere,qualità che lo aiutano a crescere con armonia e in sa-ute. La sua fantasia è illimitata e spesso preferisce dei semplici pezzi di legno, dei sassi, del cartone o dei teliai «bei giocattoli». Ricordo il mio secondo figlio al quale era stato regalato, a un anno, un cavallino di legno col cavallerizzo. Il gioco aveva una cordicella che permetteva di metterlo in movimento. Il piccolo, tolto dalla scatola il cavallino, l’aveva osservato attentamente, l’aveva spostato avanti e indietro, poi lo aveva lasciato in un angolo e, presa la scatola, aveva giocato con quella per quasi tutto il pomeriggio.

Attraverso il gioco il bambino impara a fare,saltare, parlare, pensare, immaginare, mette in moto la sua volontà di agire e si educa alla vita. Perché questo accada è necessario che compaia il meno possibile l’elemento razionale. L’adulto non dovrebbe mai forzarlo a compiere determinate azioni, ma deve aspettare il momento in cui il piccolo si senta pronto per metterle in atto. Intorno a lui deve esserci un ambiente fisico e animico idoneo, che agisca beneficamente su di lui e lo aiuti a far sì che gli organi fisici si possano plasmare in modo sano; il bambino è infatti lo scultore del suo corpo.

I migliori strumenti per il gioco sono quelli che derivano dalla natura: legno, terra, carta, fibre tessili. È importante che cosa diamo in mano ai nostri bambini. Che differenza c’è se nostro figlio gioca con un giocattolo realizzato in legno o in plastica? Con la plastica si può imitare qualunque cosa vivente: albero, fiore, animale,essere umano. Questo materiale non imputridisce, difficilmente si rompe, rimanendo inalterato nel tempo. Se prendo in mano un camion di plastica piccolo oppure ne prendo uno grosso hanno pressappoco lo stesso peso.

Cosa succede se lascio maneggiare al mio bambino un oggetto di plastica? Se casca non si rompe. Se si abitua a bere da un bicchiere di plastica e questo cade non succede niente, ma se un giorno qualcuno gli versa da bere in un bicchiere di vetro e il bimbo lo lascia andare questo si rompe. Se il bambino gioca con un’automobilina di plastica e la dimentica sotto la neve non si sciupa, ma se ne ha lasciata una di legno la troverà rovinata. Se egli mette una gru di ferro sotto la pioggia può arrugginirsi. Vetro, legno, ferro, porcellana sono delicati e deteriorabili, come tutto in natura; la plastica, derivando dalla chimica, rimane inalterata. Anche noi uomini, se stiamo in balia delle intemperie, ci ammaliamo e col trascorrere del tempo invecchiamo, quindi cambia il nostro primitivo stato. Per questo motivo la plastica è un «materiale menzognero».

I giochi di plastica se si rompono non si possono aggiustare, si buttano e se ne devono comprare degli altri, tanto costano poco. Un oggetto ricavato dal legno è più costoso e non è facilmente sostituibile, ma se si rompe si può aggiustare. Che differenza c’è tra un oggetto che si deteriora e che devo stare attento nel maneggiare e uno che apparentemente è indistruttibile? Con quale attenzione il bam bino usa un oggetto infrangibile e uno delicato come la porcellana? Che esperienze gli porto incontro quando gli faccio toccare solo oggetti di plastica? Sono in grado di fargli comprendere cosa siano le cose preziose e fragili?

La plastica è fredda, mentre il legno e la lana sono caldi. Dietro l’oggetto di plastica c’è sempre la macchina industriale, dietro il legno può esserci la mano dell’uomo che lo ha scolpito; negli oggetti o negli indumenti di lana ci sono spesso la mamma o la nonna che hanno confezionato qualcosa per il loro bambino. Non dimentichiamo che gli oggetti e i materiali che ci circondano agiscono sui nostri pensieri, i nostri sentimenti, le nostre azioni, sia in maniera positiva sia negativa.

Dato che la fantasia dei bambini è illimitata, bastano un cuscino o un fazzoletto per creare una bambola o un pezzo di legno per rappresentare un’automobile. Giocando i bambini imitano le azioni degli adulti e acquistano abilità. Il gioco è un valido tirocinio per prepararli alla vita futura, grazie a esso capiscono cosa significhi por-tare a termine un lavoro, diventare padre o madre, viaggiare, relazionarsi con gli altri, faticare. Se hanno a disposizione vari materiali come carta, pastelli, legni, teli colorati, cuscini, mollette per la biancheria, riescono a costruire qualsiasi cosa, da una casa a una montagna, da un negozio a un’aula scolastica.

Solo i giocattoli dai tratti appena abbozzati lasciano libera la fantasia del bambino, tanto da permettergli di aggiungervi quello che manca, facendo lavorare alacremente la sua mente, quindi rendendola attiva. Come dice Rudolf Steiner «questo lavoro di fantasia agisce sulle forme del cervello in modo da plasmarle». Come i muscoli della mano si formano mediante il lavoro, il cervello si forma mediante la fantasia e l’agire attivamente. Si è constatato che se da piccoli si è avuta la possibilità di sviluppare la fantasia, poi da adulti si è maggiormente capaci di affrontare i problemi esistenziali, di comprendere se stessi e gli altri esseri umani. Il gioco ricco di fantasia aiuta a creare nel futuro uomo la capacità di immedesimarsi pienamente nel proprio lavoro.

Un bambino sano ama giocare, si pone sempre nuovi traguardi da superare e questi diventano sempre più ardui. Il bimbo di 3 anni,che ha appena compreso di avere una sua identità, ama far finta di essere un altro: uomo o animale. Attraverso lo scambio dei ruoli sperimenta i limiti del suo IO. Appena ha dimestichezza dell’ambiente che lo circonda inizia a modificarlo creando luoghi fantastici: il tappeto diventa un’isola e il pavimento il mare, il tavolo la diligenza e le sedie i cavalli. Se tira giù la tapparella diventa notte se la alza è giorno, un grande scatolone è una tana e lui il leprotto. Giocando diventa sempre più abile e la sua fantasia si libra felice e vola lontano.

Tra i cinque e i sei anni sviluppa un maggior grado di coscienza,osserva con più curiosità il mondo degli adulti e capisce che un giorno diventerà come loro. Riesce a creare universi interi come la famiglia, la scuola, l’ospedale, il mercato. Cerca di capire cosa sia la vita e come deve vivere, quali relazioni s’instaurano tra le persone.Verso i sette anni alcune forze plasmatrici – agenti nell’interiorità del bambino e fino allora servite alla crescita fisica – possono ora venire incanalate verso l’intelletto: egli è pronto per andare a scuola.La memoria è più sviluppata ed è migliorata la cognizione del tempo.Inizia ad apprezzare i giochi che hanno delle regole e si possono fare con gli amici. Il senso della giustizia inizia a essere presente in lui.

Tra i nove e i dieci anni ha un’idea abbastanza chiara del mondo che lo circonda e vuol capire come funziona. Costruisce capanne e macchine, disegna case, mezzi di trasporto. Diventa specialista, raccoglie dati, osserva con più attenzione il mondo degli adulti. Negli anni precedenti percepiva i suoi educatori, genitori e insegnanti,come esseri perfetti, ora inizia a vedere i loro difetti, si diverte a far loro degli scherzi.

Osservando i bambini giocare possiamo seguirne lo sviluppo.S’immedesimano nei vari ruoli? Sono attivi? Riescono a interagire con gli altri? Quelli che non vogliono giocare sono molto rari e in questo caso, come adulti, dovremmo porci delle domande: come siamo? Che modello indichiamo loro? L’educatore, per essere tale,deve prima sapersi auto educare per proporsi al bambino come esempio morale. Se é sereno e attivo anche i bambini lo saranno.Trovare del tempo per confezionare una bambola o un giocattolo è un modo per stargli accanto. Nel cucire una bambola o fabbricare un gioco di legno o di cartone io penso a lui ed egli lo percepisce.

Le bambole l’uomo le ha create sin dagli albori dei tempi. In vari scavi archeologici si sono trovati bastoni o pietre di forma vagamente umana. Nel 1500/1600 le bambole erano confezionate in legno, cera e cartapesta; nel 1700, specialmente in Francia, divennero più raffinate e dotate di un bel guardaroba. Nel 1800 le bambole erano di porcellana, il famoso «biscuit»; il corpo era di stoffa odi morbida pelle, elegante e slanciato. Già nel 1827 si videro le prime bambole parlanti che dicevano «mamma». Nel 1900 furono inventate la cellulosa e la fibra sintetica che rivoluzionarono il commercio delle bambole. Da quella data s’iniziò a venderle a basso costo così che tutte le famiglie potevano permettersene l’acquisto; cosa che in passato non accadeva: allora erano state patrimonio solo delle classi più ricche. Da allora gli adulti smisero di confezionare a mano le bambole per le loro figlie: l’industria lavorava per loro, si era sostituita a loro.

La scuola Waldorf non ha, quindi, inventato il modo di confezionare le bambole fatte a mano, lo ha solo rivalutato. Sono il gioco fondamentale nell’asilo e per questo si organizzano dei corsi per insegnare ai genitori a confezionare le bambole. Nella classe sesta, nel programma di lavoro manuale, c’è indicata per tutti gli allievi, maschi e femmine, la confezione di una bambola. Tra i giocattoli la bambola occupa un posto importante perché rappresenta l’ immagine dell’uomo. Anche quella più semplice è amata, è una cara amica alla quale si può raccontare tutto, anche le cose più intime. Con lei si può evadere dalla realtà quotidiana, aspettare l’arrivo di un fratellino, dolersi per la separazione da una persona cara, vivere momenti gioiosi. Alcuni bambini si affezionano così tanto a una bambola che non vogliono mai separarsi da lei.I genitori devono tenere in grande considerazione le bambole e trattarle con molto rispetto, come se fossero persone in carne e ossa. Dato che la bambola rappresenta l’immagine dell’uomo va curata e custodita, altrimenti i bambini potrebbero pensare che sia giusto maltrattare le persone.

La bambola di plastica ha fattezze e sorriso molto marcati, cosa che non si vede nella bambola di pezza, nella quale si cerca di non accentuare troppo la fisionomia. Grazie a questo, il bambino può pensarla sorridente o triste, ogni volta la vede diversa secondo il suo stato d’animo. Cambiando un semplice vestito o accessorio può crederla principessa o cavaliere, bambino o adulto. Quando ero piccola mi faceva una strana impressione vedere la marca della bambola stampigliata sulla schiena; ricordo che mi dava un profondo senso di fastidio. Tutti i giocattoli non devono essere molto delineati sia che si tratti di animaletti, gnomi, automobiline o altro.

Vale sempre la regola che meno il giocattolo è definito, più il bambino può aggiungervi con la fantasia dei particolari.In questo modo la mente non impigrisce, al contrario è resa attiva. Un pezzo di legno può essere un’automobile o un treno, cosa che non accade se io acquisto un modellino molto particolareggiato di autoveicolo.Dato che ogni giocattolo lascia una certa impressione nel bambino, la bambola deve avere un aspetto sano e allegro. Quando si cuce una bambola bisogna prestare molta attenzione perché sia imbottita a dovere, in modo da darle una bella presenza. Il faccino deve essere rotondo, senza pieghe nella stoffa, usando preferibilmente della maglina color carne. Gli occhi devono essere appena accennati con una matita azzurra o con un punto di filo da ricamo. La piccola bocca rosa e gli occhi dovrebbero formare un triangolo equilatero.Il corpo deve essere ben proporzionato in tutte le sue parti, in modo da destare, nel bambino, la meraviglia e lo stupore.

Il bambino non dovrebbe vedere mai l’adulto mentre cuce la bambola, attacca la testa, sistema i capelli. La natura permette alla mamma di intessere il suo bambino nel calore e nell’intimità del ventre, e solo quando è pronto alla vita viene alla luce. La prima bambola per un neonato può essere un fazzoletto annodato di colore tenue, con una pallina di lana per la testa. Più avanti una bambola cucita in un semplice sacchetto, come un neonato in fasce. Al compimento del primo anno il bambino inizia a giocare con la bambola, sa chinarsi sulla carrozzina dove dorme e darle un bacio. A due è capace di afferrarla energicamente e metterla a dormire senza tanti riguardi, coprendola maldestramente con la sua copertina. Ai bambini piccoli non interessa vestire e svestire la propria bambola, è sufficiente che ci sia. Per questo, verso i tre anni, possiamo regalargliene una con un vestito fisso, di color blu-viola per i bambini più tranquilli e rosso-arancio per quelli più vivaci. Verso i sei-sette anni possiamo confezionarne una più articolata, dotata di abito, calze e cappello, che si possano mettere e togliere.

Quando i bambini iniziano ad amare le rime delle filastrocche mettono alle bambole dei nomi buffi come Riccioli d’oro, Fiorellino,Stellina, Salterella. Qualche volta la chiamano con il loro nome.Come regola vale che la bambola deve riprodurre un’età che il bambino ha già superato. Naturalmente va bene sia per le femmine sia per i maschi. I miei fratelli hanno sempre giocato fin oltre i dieci anni con le mie bambole e io con i loro giochi maschili. Il più piccolo dei miei figli, a quattro anni, amava uscire con la carrozzina di vimini con le sue due bambole di pezza che avevo cucito per lui.

Se il piccolo perde la propria bambola o questa si rompe definitivamente può essere un grosso guaio. L’adulto dovrebbe stare at-tento e capire lo stato d’animo del bambino, senza prenderlo in giro,tenendo nella giusta considerazione il suo dolore. Dovrebbe trovare le parole giuste per consolarlo, anche se per alcuni bambini la perdita della bambola prediletta è insostituibile: non ne vogliono nessun’altra. Alcuni preferiscono, in sostituzione, avere in dono un piccolo animale domestico. Con una cassetta di legno o di cartone si può costruire una bella casetta della bambola. Anche qui il bambino preferisce un semplice oggetto che una vera casa con mobili e suppellettili. Lavorando giorno per giorno al miglioramento dell’abitazione della sua cara amica, il bambino sbizzarrisce la fantasia e si diverte. Spesso quando ha concluso l’allestimento, cessa il suo interesse per l’oggetto: bello e divertente, ciò che dà gioia è il creare, seguendo l’istinto del momento.

Nella crescita del bambino i sensi si sviluppano lentamente, per questo dobbiamo stare molto attenti alla loro educazione. Perché il bambino sviluppi un buon udito deve poter ascoltare la voce dell’adulto che parla o canta e non quella riprodotta da televisione o computer. Deve anche assaporare il silenzio, per poterlo distinguere dal suono. Cerchiamo di fare in modo, quindi, che nella nostra casa ci siano diversi momenti di pace e tranquillità, sforziamoci di tenere spente la radio e la televisione e, se le accendiamo, teniamone basso il volume; solo così il bambino imparerà a parlare e a cantare nel modo migliore.

Quando confezioniamo una bambola stiamo attenti al materiale che compriamo, cerchiamo di usare la lana, il cotone, il lino e la seta, tutte fibre naturali. La lana è morbida, emana calore. La sua fi bra ha una struttura che tende a mantenere il suo stato, anche se viene maltrattata non si deforma; è più elastica rispetto alle fibre sintetiche. Il bambino quando afferra una bambola cucita con questo materiale ha una sana sensazione tattile. Prima di Natale possiamo farla sparire misteriosamente per lavarla e riapparirà con un buon odore di sapone. Fate attenzione a che il bambino non vi veda infilarla nella lavatrice, sarebbe per lui spiacevole. Non dimentichiamo che i piccoli amano mettere tutto in bocca, senza dubbio assaggeranno anche la loro bambolina (gusto), specialmente quelli che attraversano la fase orale.

Come norma generale i colori che circondano un bambino esuberante (vista) dovrebbero essere vivaci, dal rosa all’arancio chiaro;quelli per un bambino calmo saranno colori tranquilli come l’azzurro e il violetto. Il rosso non è un colore eccitante, perché richiama il verde che calma. Provate a fissare un cartoncino rosso per qualche minuto, poi spostate l’occhio su uno bianco: noterete che vedrete il verde, suo colore complementare. Se fissate il blu vedrete l’arancio.Questo accade guardando i colori fondamentali, si percepisce anche il complementare: rosso-verde, arancio-blu, giallo-violetto). Tutte queste buone sensazioni, uditive, visive, tattili, olfattive, gustative,contribuiscono a creare un armonico sviluppo dei sensi del bambino e quindi a mantenerlo in buona salute.

I nostri figli imitano le persone che circondano il loro mondo: se vedono un gobbo o uno zoppo spesso si muovono come loro, sono incuriositi da quel portamento. Anche una bambola o un animaletto di stoffa possono attirare la loro attenzione e influire sul loro modo di essere. Quando lavoravo in un asilo steineriano c’era una bambina che amava molto la sua scimmietta di stoffa e a casa la teneva spesso con sé. Quando la mattina arrivava in asilo si comportava come quell’animale e si arrampicava sul mio corpo come avrebbe fatto sudi un albero. Solo quando la maestra parlò con la mamma e le chiese di nascondere quella scimmietta questi episodi cessarono. Se un bambino possiede una bambola flaccida e molle non sarà da lei aiutato a mantenere la statura eretta. Diverso sarà se ne possiede una rubiconda e sorridente, solo questa contribuirà a sviluppare il suo senso della vita e del movimento.

BIBLIOGRAFIA

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Elisabeth M. Grunelius; Educazione nella prima infanzia in casa e all’asilo, Filadelfia

John B. Thomson; L’educazione naturale del bambino, Mondadori

Karin Neuschutz; Bambini e bambole – compagni di gioco fatti in casa, Filadelfia

Valeria Ferrari; Corso rapido di bambole, Fabbri

Freya Jaff ke; Giocattoli fatti dai genitori, Natura e Cultura

Ulrich Rosch e Traute Nierth; L’abbigliamento infantile, Natura e Cultura FUORI CATALOGO

Articolo tratto dalla Rivista Germogli, anno 2 n°1 marzo 2011 , si ringrazia Sergio Giannetta